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05-10-2020

CONTRATTO DI AGENZIA: 7 COSE DA SAPERE PRIMA DI FIRMARE

Il contratto di agenzia è diffusissimo nella pratica. Ciononostante non sempre la qualità dei contratti stipulati è all’altezza dell’importanza che il rapporto d’agenzia riveste per l’agente e per l’impresa.

Vedremo adesso 7 cose che spesso non vengono considerate con la dovuta attenzione in fase di stesura del contratto, con le conseguenti incertezze nella fase esecutiva del rapporto.

#1: LA DEROGA ALL’ESCLUSIVA

Il contratto di agenzia è tipicamente stipulato per una determinata zona o categoria di clienti, affidati in esclusiva all’agente, per cui alla casa preponente è fatto divieto di utilizzare più agenti nella stessa zona. Allo stesso modo all’agente è precluso trattare affari per imprese in concorrenza con la casa mandante. 

Questa è la regola generale. L’accordo delle parti può però derogare alla regola ed adattare il rapporto alle effettive esigenze delle parti. I casi più tipici sono: 

  • clienti direzionali: quando l’impresa intenda riservarsi le vendite verso alcuni clienti che si trovano nella zona affidata all’agente. 
  • agenti con mandati per prodotti complementari, simili od affini: accade spesso che agenti plurimandatari rappresentino prodotti complementari o affini, venduti da imprese diverse che si trovano in concorrenza solo potenziale e che, pertanto, le case mandante siano disponibile a tollerare queste circostanze. Tali situazioni peraltro non solo vanno sempre segnalate alla casa mandante, ma l’agente deve pretendere che il contratto di agenzia contenga una espressa deroga all’esclusiva, che gli consenta di svolgere contemporaneamente attività per ditte in concorrenza potenziale. In difetto di patto espresso, l’agente sarà sempre esposto al rischio che la casa mandante decida di fare valere la violazione dell’esclusiva, risolvendo il contratto per fatto e colpa dell’agente. 

#2: LA CLAUSOLA SALVO BUON FINE

La legge prevede che la provvigione spetti all’agente nel momento e nella misura in cui l’impresa preponente abbia eseguito la propria prestazione nei confronti del cliente. Anche in questo caso è possibile il patto contrario, la cosiddetta clausola di salvo buon fine. Con questa pattuizione le parti stabiliscono che all’agente spetterà la provvigione nel momento in cui il terzo cliente avrà eseguito la prestazione in favore della casa mandante. La clausola è molto frequente e generalmente utilizzata dalle imprese per evitare di pagare provvigioni su affari non eseguiti dai propri clienti. Peraltro, tale pattuizione si accompagna spesso al meccanismo di anticipo provvigionali per cui, fatto salvo il principio della liquidazione delle provvigioni solo sull’incassato, la casa preponente versa mensilmente all’agente un acconto sui compensi.  

Il rapporto tra la clausola salvo buon fine e l’anticipo provvigionale comporta la necessità di un conguaglio periodico tra le provvigioni maturate e quelle anticipate. Tale conguaglio nella pratica peraltro non sempre è effettuato. Ciò può avvenire per due ragioni:  

  • l’anticipo provvigionale è fittizio, esiste cioè l’accordo che le provvigioni anticipate restino di competenza dell’agente qualsiasi sia il risultato della sua attività. Ciò accade più frequentemente di quanto si possa pensare. Il fenomeno è dovuto al fatto che la casa mandante è in taluni casi (zone scoperte, prodotti nuovi) disposta ad assumere il rischio dell’attività di promozione, ma non vuole rischiare di vedere riqualificato il rapporto con l’agente in termini di subordinazione. Per questo motivo, nonostante vi sia accordo verbale in senso contrario, sul contratto di agenzia le provvigioni risultano comunque regolate sul meccanismo anticipo/conguaglio. In questi casi è assai concreto il rischio che, alla cessazione del rapporto, l’agente possa essere chiamato a restituire gli anticipi che formalmente risultano corrisposti in eccesso. Per un approfondimento vedi QUI. 
  • il conguaglio non viene fatto per tolleranza. In questo caso la casa mandante avrà diritto a richiedere la restituzione di quanto effettivamente pagato in eccesso nel corso del rapporto di agenzia entro il limite prescrizionale di dieci anni.  

#3: LE MODIFICHE DI ZONA, PRODOTTI E PROVVIGIONI

Il contratto di agenzia regola un rapporto di durata. E’ pertanto sentita l’esigenza di adattare nel tempo il contenuto del contratto al variare delle condizioni del mercato. Ciononostante il contratto di agenzia, come ogni altro contratto, richiede che l’oggetto sia determinato o determinabile. Pertanto la zona di esclusiva, la misura delle provvigioni e i prodotti o servizi oggetto dell’incarico di promozione devono risultare chiaramente dal contratto. Pertanto vanno evitate le seguenti pratiche: 

  • rinvio ai listini o allegati da inviare di tempo in tempo all’agente. Questa pratica è particolarmente rischiosa per le case mandanti quando il rinvio al listino preveda, oltre al prezzo di vendita del prodotto, anche la provvigione riconosciuta all’agente. In caso di mancata approvazione espressa e per iscritto da parte dell’agente, questi -nel termine di prescrizione di cinque anni- potrà sempre agire per richiedere l’eventuale maggiore provvigione che risultasse dal contratto di agenzia.  
  • rinvio a successivi accordi tra le parti. Pattuizioni di tale genere sono del tutto invalide. Si riscontrano spesso in caso di affari speciali, che esulano dal normale contenuto del contratto. E’ evidente che ove dovesse mancare l’accordo sulla misura della provvigione da applicare nel caso di specie, si dovrebbe fare ricorso alla determinazione giudiziale, con tutte le incertezze conseguenti. 

In ogni caso, per consentire alle case mandanti uno strumento di flessibilità nella gestione del rapporto di agenzia, gli Accordi Economici Collettivi del settore industria e commercio hanno previsto un meccanismo con cui l’azienda può, entro determinati limiti e con il dovuto preavviso, variare il contenuto del contratto. Per un approfondimento vedi QUI. Per i casi in cui questo meccanismo di variazione unilaterale del contratto risulta invalido vedi QUI

#4: LE ATTIVITA' ACCESSORIE

E’ perfettamente lecito, oltre che assai frequente, che all’agente sia richiesto di svolgere alcune attività accessorie rispetto al tipico contenuto obbligatorio del contratto, vale a dire la promozione della conclusione dei contratti. E’ sempre bene che le attività accessorie trovino puntuale regolamentazione del contratto. In caso contrario sarà sempre possibile invocare un corrispettivo ulteriore oltre alle normali provvigioni a compenso per le attività accessorie. La determinazione di tale compenso, non essendo stata contrattualizzata, sarà operata dal giudice. 

Le attività accessorie possono essere le più diverse, le più frequenti sono: 

  • attività di incasso. Occorre precisare che l’attività di incasso ha trovato una regolamentazione negli Accordi Economici Collettivi per il settore commercio ed industria. Ai sensi di tali strumenti collettivi, si deve intendere per attività di incasso solo quella che comporti l’affidamento continuativo all’agente della riscossione dei crediti della casa mandante, con responsabilità diretta per l’ammanco. E’ sempre esclusa dall’attività di incasso l’attività di recupero degli insoluti dei clienti. Ciò in relazione al fatto che l’agente riscuote gli insoluti anche nel proprio interesse, oltre a quello della casa mandante. Nel caso l’attività di incasso abbia effettivamente i requisiti sopra descritti, all’agente compete un compenso aggiuntivo rispetto alla provvigione. In caso di mancata determinazione del compenso nel contratto, l’agente potrà richiederne la liquidazione giudiziale. 
  • attività di coordinamento di altri agenti. Per attività di coordinamento si intende l’attività di affiancamento, sostegno e supporto che un agente svolga nei confronti di altri agenti. E’ peraltro necessario che all’agente coordinatore sia comunque riservata una zona di esclusiva per la promozione dei prodotti della casa mandante e che l’attività di coordinamento non costituisca l’unica prestazione resa dall’agente coordinatore nell’ambito del rapporto di agenzia. In caso contrario è addirittura possibile dubitare che il rapporto professionale con l’agente coordinatore si mantenga entro il tipo legale del contratto di agenzia, con i corrispondenti problemi di qualificazione. Per un approfondimento sul tema, vedi QUI.  

In generale, le attività accessorie si devono affiancare all’attività tipica dell’agente di commercio, pena la possibile riqualificazione del contratto entro altri tipi legali. 

#5: LA CLAUSOLA MINIMO D'AFFARI

Con questo termine si indica la clausola che prevede a carico dell’agente l’obbligo di procurare all’impresa preponente un determinato minimo di vendite per un ogni anno o diverso periodo di tempo ricorrente. La clausola assolve la funzione di assicurare alla casa mandante il diritto di recedere dal contratto per causa imputabile all’agente in caso di scarse prestazioni da parte di quest’ultimo, con la conseguenza di liberare la casa mandante dall’obbligo di pagare le indennità di cessazione. 

La clausola minimo d’affari si accompagna infatti sempre alla clausola risolutiva espressa, che attribuisce alla casa mandate il potere di risolvere il contratto tramite semplice comunicazione in caso di mancato raggiungimento dell’obiettivo di vendita pattuito. 

La giurisprudenza tradizionale ha sempre valutato favorevolmente tali clausole, che risultano quindi perfettamente lecite e vincolanti. Si segnala peraltro un più recente orientamento, originariamente elaborato nell’ambito del rapporto di lavoro subordinato e poi esteso al rapporto di agenzia, secondo cui -a prescindere dalla pattuizione contrattuale- al giudice competa sempre e comunque di verificare se l’inadempimento dell’agente integri o meno il requisito della giusta causa, che risulta quindi sostanzialmente indisponibile tra le parti. Nel caso tale accertamento avesse esito negativo, il recesso della casa mandante, pur fondato sul mancato raggiungimento del minimo d’affari, sarebbe dichiarato illegittimo, con conseguente diritto dell’agente di commercio alle indennità di cessazione.

#6: LE INDENNITA' DI CESSAZIONE DEL RAPPORTO

Le indennità di cessazione del rapporto trovano scarsa o nulla regolamentazione nel contratto di agenzia. Sono infatti di fonte legale ed hanno un regime inderogabile a svantaggio dell’agente. Peraltro, la legge non prevede un meccanismo preciso per la determinazione delle indennità di fine rapporto, limitandosi a porre un tetto massimo alle indennità liquidabili in favore dell’agente pari ad una annualità di quanto riscosso dall’agente negli ultimi cinque anni di vigenza del contratto. 

Per sopperire a tale indeterminatezza sono intervenuti gli Accordi Economici Collettivi del settore commercio e industria che hanno individuato precise modalità di calcolo delle indennità di cessazione, che vengono così suddivise dagli strumenti collettivi: 

  • fondo indennità di risoluzione del rapporto (FIRR). Tale indennità è accantonata presso Enasarco ed è dovuta in ogni caso di cessazione del contratto di agenzia. Viene pagata direttamente da Enasarco e si calcola come una percentuale delle provvigioni liquidate periodicamente all’agente. 
  • indennità suppletiva di clientela. Tale indennità è pure calcolata in percentuale sulle provvigioni liquidate all’agente da parte della casa mandante. Spetta all’agente solo in caso di recesso da parte della casa preponente, in caso di recesso dell’agente giustificato da inadempimento della casa preponente o in caso di recesso da parte dell’agente per cause a lui comunque non imputabili quali malattia e pensionamento. In merito a questa ultima ipotesi, si segnala il regime particolare per gli agenti che esercitano in forma societaria. QUI l’approfondimento.  
  • indennità meritocratica. Spetta solamente nelle stesse ipotesi in cui compete l’indennità suppletiva di clientela, con l’ulteriore specificazione che risulta dovuta solo se l’agente abbia procurato, nel corso del rapporto, uno stabile aumento del volume d’affari alla casa mandante.

#7: IL PATTO DI NON CONCORRENZA POST-CONTRATTUALE

E’ possibile prevedere che, alla scadenza del contratto di agenzia, l’agente debba astenersi dallo svolgere attività di promozione degli affari in favore dei concorrenti dell’ex-impresa preponente. Tale patto incontra peraltro limiti specifici: 

  • deve farsi per iscritto 
  • deve riguardare la medesima zona, clientela e genere di beni o servizi del precedente contratto di agenzia
  • non può avere durata superiore ai due anni dalla cessazione del contratto 

Oltre a tali limiti, il patto di non concorrenza deve necessariamente prevedere un corrispettivo in favore dell’agente di commercio.  La legge non prevede un preciso criterio di calcolo dell’indennità corrispettiva del patto di non concorrenza, limitandosi a dettare i criteri che debbono essere presi in considerazione per la liquidazione. Anche in questo caso sono intervenuti gli Accordi Economici Collettivi per il settore commercio e industria che hanno previsto la quantificazione dell’indennità come segue: un ventiquattresimo della media annua delle provvigioni riscosse dall’agente nei cinque anni precedenti, moltiplicato per le mensilità di durata del patto di non concorrenza. Sono previsti poi particolari adattamenti o riduzioni per casi particolari. 

In tema di patto di non concorrenza post-contrattuale si segnala il seguente importante aspetto. Trattasi di contratto autonomo che, sebbene acceda al contratto di agenzia, ha una propria causa. Dalla riscontrata autonomia del patto di non concorrenza, pacifica per la giurisprudenza, discendono importanti conseguenze: 

  • l’inadempimento della casa mandante alle obbligazioni discendenti dal contratto di agenzia, non legittima l’agente di commercio a non rispettare l’obbligazione di non concorrenza. 
  • Per contro, il mancato pagamento da parte della casa mandante dell’indennità corrispettiva del patto è invece opponibile dall’agente all’impresa.  

Il corrispettivo per il patto di non concorrenza post-contrattuale è stato introdotto in Italia con decorrenza dal 01 giugno 2001. Per i problemi relativi al patto di non concorrenza stipulato prima di tale data puoi vedere QUI.   

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