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15-08-2019
diritto alle provvigioni e consulenza tecnica

AGENTI E RAPPRESENTANTI: DIRITTO ALLA PROVVIGIONE, ONERE DELLA PROVA, CONSULENZA TECNICA ED ESIBIZIONE DOCUMENTALE

Nel contenzioso avente ad oggetto il diritto alla provvigione, nelle sue diverse varianti, la fase della consulenza tecnica d’ufficio rappresenta spesso lo snodo centrale della controversia, tanto che in molti casi le parti arrivano alla conciliazione della lite sulla base degli accertamenti del perito ovvero, più spesso di quanto si possa pensare, non appena la CTU venga ammessa ed il quesito sia stato formulato e, quindi, addirittura prima che le operazioni peritali abbiano avuto inizio.

Questo avviene perché, una volta assunta la decisione in merito alla perizia, alla ampiezza del quesito e -soprattutto- in merito ai poteri di acquisizione documentale trasferiti al CTU, le parti sono in grado di rappresentarsi l’esito atteso della controversia con una approssimazione tale da rendere inutilmente dispendiosa la prosecuzione del giudizio.

Da ciò ben si capisce che grande attenzione deve essere posta in questa fase, anche perché va da subito precisato come non si possa fare affidamento sulla CTU come “arma fine di mondo”, soprattutto se si abbia a che fare con un contraddittore esperto.

Invero, in tema di diritto alla provvigione, è pacifico e consolidato l’orientamento per cui competa sempre e comunque all’agente l’onere di provare i fatti costitutivi del suo diritto (Cass. 7 luglio 2011, n. 14968, Cass. 17 maggio 2011, n. 10821, Cass. 2 maggio 2000, n. 5467), onere che non può essere assolto per mezzo di una richiesta consulenza tecnica d’ufficio.

Quindi, come è peraltro ovvio, sull’agente graverà innanzitutto un onere specifico di allegazione del fatto rilevante, vale a dire il fatto costitutivo del diritto alla provvigione, nelle sue varie articolazioni.

E’ nel passaggio successivo, allorquando si intende passare dalla doverosa e scontata fase di allegazione alla successiva fase di prova, che occorre porre la massima attenzione.

Invero, per la natura stessa dei diritti controversi, generalmente ci si trova di fronte a decine, se non centinaia di fatti costitutivi disseminati lungo un arco temporale di anni.

Lo strumento principale cui nella pratica si ricorre per provare il diritto alla provvigione da parte dell’agente consiste nell’ordine di esibizione delle scritture contabili della casa mandante, al fine di acquisire al processo i fatti rilevanti, accompagnata dalla richiesta di CTU, per valutare sotto il profilo tecnico-contabile l’incidenza di tali fatti sul diritto alla provvigione in favore dell’agente.

Talvolta peraltro la richiesta viene fatta senza una precisa scansione logica ordine di esibizione / CTU, ma più semplicemente si “comprime” la richiesta di esibizione nella richiesta di CTU, nel cui ambito si insiste affinché il CTU sia genericamente autorizzato ad acquisire tutti i documenti rilevanti per lo svolgimento dell’incarico.

Sul punto è bene ricordare che per consolidato orientamento (Cass. 6 dicembre 2011, n. 26151, Cass. 20 giugno 2011, 13533, Cass. 14 febbraio 2006, n. 3191) l’ordine di esibizione è utilizzabile solo quando il fatto da provarsi non sia dimostrabile aliunde da parte dell’istante, nonché che l’esibizione può essere richiesta solo in relazione a documenti specificamente individuati o individuabili (Cass. 7 giugno 2002, n. 8310).

Questi principi possono quindi declinarsi sul versante pratico nel seguente modo: occorre specificamente motivare l’istanza di esibizione documentale sulla base di una effettiva impossibilità di dimostrare aliunde il fatto costitutivo del diritto vantato, che dovrà comunque essere quantomeno allegato (caso tipico: la conclusione di affari da parte della casa mandante in violazione di esclusiva), qualora invece il fatto costitutivo possa essere dimostrato direttamente dall’agente, occorrerà che questi quantomeno offra un principio di prova in relazione ad alcuni fatti (esempio tipico: mancato pagamento di provvigione su affari conclusi) al fine di legittimare il ricorso ad una CTU per una più completa “emersione” dei fatti costitutivi, prima allegati e, poi, almeno parzialmente provati.

Si tratta sostanzialmente di una scansione logica su tre tempi, che si declinerà come segue per il patrocinio dell’agente:

  • Allegazione
  • richiesta di esibizione documentale (motivata)
  • richiesta di CTU (nella versione c.d. percipiente)

laddove, per converso, per la difesa della casa mandante si concentrerà sulla critica agli elementi sopra esposti; il tutto, ovviamente, opportunamente rapportato al rito della controversia (ordinario o del lavoro).

Questa impostazione consente, in una certa misura, di acquisire al processo gli elementi utili per salvaguardare la posizione processuale rispetto alle decisioni del magistrato in tema di CTU.

Invero, il più risalente orientamento di legittimità -che gode ancora di ampio seguito- vede il giudice sostanzialmente svincolato da ogni criterio di controllo nell’esercizio del potere decisorio in merito alle consulenze d’ufficio. Fatto questo che si deve alla tradizionale collocazione delle CTU fuori dal novero dei mezzi di prova, per cui: “la consulenza tecnica d’ufficio, non essendo qualificabile come mezzo di prova in senso proprio, perché volta ad aiutare il giudice nella valutazione degli elementi acquisiti o nella soluzione di questioni necessitanti di specifiche conoscenze, è sottratta alla disponibilità delle parti ed affidata al prudente apprezzamento del giudice di merito” (Cass. 13 marzo 2009, n. 6155), cui aggiungasi, a scanso di equivoci: “rientra nei poteri discrezionali del giudice di merito la valutazione dell’opportunità di disporre consulenze tecniche, valutazione che, per sua natura, esula dal controllo di legittimità” (Cass. 9 maggio 2002, n. 6641).

Rispetto a tali approdi, è ben comprensibile la necessità di introdurre nel processo elementi utili -almeno potenzialmente- a contenere la discrezionalità assoluta del magistrato in tema di consulenza d’ufficio, soprattutto in relazione al fatto che il presupposto teorico di tale ampio arbitrio (consistente nella già ricordata collocazione delle CTU fuori dalla categoria dei mezzi di prova) risulta smentito dalla stessa giurisprudenza di legittimità che ammette pacificamente la natura “bifronte” delle consulenze tecniche d’ufficio: da un lato ausilio del magistrato (c.d. consulenze deducenti) e, dall’altro, mezzi di prova (c.d. consulenze percipienti – Cass. SU 4 novembre 1996, n. 9522).

Per cui, una volta che si sia proceduto come più sopra indicato, sarà possibile invocare il diverso orientamento di legittimità che ammette la censurabilità delle scelte del giudice di merito in tema di ammissione delle CTU.

In particolare, in caso di mancata nomina del perito a fronte della specifica istanza della parte la decisione del giudice dovrà essere “sufficientemente e non contraddittoriamente motivata” (Cass. 16 aprile 2008, n. 9995, Cass. 4 giugno 2007, n. 12930, Cass. 3 aprile 1998, n. 34239, anche mediante l’esaustività delle altre prove acquisite (Cass. 2 agosto 2001, n. 10589, Cass. 20 febbraio 1998, n. 1783), ovvero delle ragioni di superfluità della nomina dell’esperto (Cass. 22 febbraio 1998, n. 1783).

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