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IL PATTO DI STABILITA' DELL'AGENTE PROMOTORE FINANZIARIO
In questo articolo esamineremo i profili di invalidità del patto di stabilità al contratto di agenzia, pattuizione tipicamente apposta ai contratti dei promotori finanziari.
Ma andiamo per ordine e cominciamo a capire: a) cosa sia il patto di stabilità; b) a chi sia rivolto; c) quali interessi delle parti vada a soddisfare tale patto.
a) Il patto di stabilità è quell’accordo tra casa mandante ed agente con cui quest’ultimo si impegna a non esercitare il recesso dal contratto di agenzia prima che sia trascorso un determinato periodo di tempo, fatto comunque salva la giusta causa di recesso. Di solito l’impegno dura dai 3 ai 5 anni, ma non mancano accordi anche per periodi più lunghi. A fronte del sacrificio richiesto all’agente, quest’ultimo riceve un corrispettivo parametrato alla durata del patto, consistente o in maggiori percentuali di provvigioni oppure in altri bonus economici. L’inadempimento del patto di stabilità da parte dell’agente viene poi generalmente sanzionato con penali che prevedono, a seconda dei casi, la restituzione dei corrispettivi ricevuti per il patto e/o il pagamento di importi di denaro, anche di considerevole entità.
b) Il patto di stabilità riguarda generalmente i promotori finanziari, i quali sviluppano con i clienti un vincolo fiduciario particolarmente intenso. In forza di tale rapporto fiduciario, quando il promotore finanziario decide di passare ad un’altra banca, stipulando un nuovo contratto di agenzia, anche i clienti migrano non lui.
c) L’interesse che il patto di stabilità va a soddisfare è quindi chiaro: da un lato la banca preponente si garantisce le prestazioni del promotore finanziario ed i correlativi ricavi derivanti dal suo portafoglio per un certo periodo di tempo; corrispettivamente il promotore finanziario riceve un corrispettivo maggiorato, cui altrimenti non avrebbe titolo.
La giurisprudenza ha sempre ritenuto valido il patto di stabilità posto a carico dell’agente, principalmente rifacendosi al precedente della Corte di Cassazione CC 2015-19300.
Questa decisione ha peraltro riguardato la pretesa nullità del patto di stabilità per difetto di causa, dovuto alla dedotta insufficienza del corrispettivo pattuito a favore dell’agente a fronte di un patto di stabilità della durata di 5 anni. La decisione della Suprema Corte è testualmente stata: “Neppure, tanto meno, ricorre l’ipotesi di nullità per difetto di causa, pienamente integrata dalla corrispettività delle prestazioni rese dall’agente in correlata ragione del trattamento economico liberamente convenuto”.
La succinta motivazione della Corte di Cassazione si è quindi limitata a dichiarare come il patto di stabilità sia valido in presenza di un corrispettivo al sacrificio richiesto all’agente, ma non a dichiarare un principio generale circa la validità del patto di stabilità. Più in particolare la citata sentenza della Cassazione non si è pronunciata sulla più rilevante obiezione alla validità del patto di stabilità, e cioè la sua nullità per frode alla legge dovuta alla violazione dell’art. 1750 codice civile.
Ciononostante, Le successive sentenze di merito hanno invece fatto generale applicazione del precedente CC 2015-19300, reputando come la Suprema Corte avesse invece espresso un principio generale in ordine alla validità del patto di stabilità. Infatti, i giudici di merito hanno sempre deciso nel senso che l’agente-promotore finanziario fosse libero di disporre della sua facoltà di recesso a fronte di un corrispettivo aggiuntivo, idoneo in quanto tale a giustificare il patto di stabilità.
Su questa situazione è però intervenuta una nuova decisione della Corte di Cassazione che, con decisione CC 2021-24478 ha invece dichiarato la nullità del patto di stabilità. Questa volta la questione della validità del patto di stabilità è stata infatti trattata in relazione al suo vero punto cruciale e cioè la possibile violazione del 4° comma dell’art. 1750 codice civile, che prevede testualmente: “Le parti possono concordare termini di preavviso di maggiore durata, ma il preponente non può osservare un termine inferiore a quello posto a carico dell’agente”.
Da questa disposizione si ricava il dato elementare per cui i termini di preavviso devono essere gli stessi per le due parti del rapporto: regola da considerarsi come inderogabile (principio già espresso dalla Cassazione con decisione CC 2006-24274).
A questo punto il percorso logico-giuridico seguito dalla corte territoriale e sostenuto dalla Corte di Cassazione è stato il seguente: il disposto dell’ultima parte del 4° comma dell’art. 1750 codice civile, nel disporre che i termini di preavviso debbano essere uguali per entrambe le parti contrattuali, ha introdotto un precetto materiale che vieta pattuizioni che alterino la parità delle parti in materia di recesso: il precetto formale (parità di termini di preavviso) discende appunto dal precetto materiale sotteso alla norma (parità di condizioni di recesso). Fatte queste premesse, la sentenza in commento ha però poi valorizzato l’ingente importo della penale posta a carico dell’agente promotore finanziario per la violazione del patto di stabilità al fine del giudizio negativo sulla sua validità.
Ma in realtà, la logica della pronuncia sembra passibile di una ulteriore espansione: se è vero che il 4° comma dell’art. 1750 c.c. esprime un inderogabile principio di necessaria parità tra le parti rispetto alle condizioni di recesso, qualsiasi previsione di un impegno unilaterale da parte dell’agente assunto con il patto di stabilità, sarebbe in quanto tale violativo del precetto e quindi nullo, pur in assenza di una clausola penale. Occorre peraltro avvertire che in questi esatti termini non risulta noto alcun precedente di Cassazione.
Muovendo da CC 2021-24478 pare dunque possibile, attraverso il richiamo a CC 2006-24274, contrastare l’orientamento attualmente prevalente nelle corti di merito. Ad esempio, la Corte d’Appello di Brescia nella sentenza 23 settembre 2021 n. 182 ha deciso che il patto di stabilità apposto al contratto di agenzia di un promotore finanziario non è nullo per violazione del 4° comma dell’art. 1750 codice civile. Il patto di stabilità si limiterebbe infatti a prevedere l’obbligo dell’agente a non recedere dal rapporto per un certo periodo di tempo e non avrebbe alcuna incidenza sul preavviso, che rimarrebbe lo stesso per entrambe le parti.
Ma come si è visto, La decisione della Corte d’Appello pare scontrarsi con i principi in materia di frode alla legge. Se infatti è vero che il patto di stabilità unilateralmente posto a carico dell’agente promotore finanziario è cosa formalmente distinta dal preavviso, è altrettanto vero che il risultato concreto ed indiretto del patto sia invece quello di allungare il periodo di preavviso a carico dell’agente promotore finanziario e comunque di limitarne unilateralmente il diritto di recesso.