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12-11-2022

Agente di commercio e impugnazione recesso del preponente: esclusione

La Corte di Cassazione ha risolto in senso favorevole agli agenti di commercio un contrasto giurisprudenziale insorto tra le corti di merito rispetto all’applicabilità o meno, nei loro confronti, della norma che impone -a pena di decadenza- l’onere di impugnare il recesso operato dal preponente nel termine di 60 giorni.

Avevamo già segnalato in questo articolo le argomentazioni spese sull’uno e sull’altro versante dalle corti di merito.

Qui di seguito riportiamo per intero la motivazione dell’ordinanza della Corte di Cassazione n. 8964 del 2021 che illustra le ragioni della ritenuta inapplicabilità agli agenti di commercio della norma in tema di impugnazione del recesso.

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Ritiene il Collegio che il primo problema da risolvere sia quello relativo alla questione di accertare se il termine di decadenza previsto dalla L. n. 183 del 2010, art. 32, comma 3, lett. b), si applichi, o meno, anche ai rapporti di agenzia.

La suddetta norma prevede che: "Le disposizioni di cui alla L. 15 luglio 1966, art. 6, come modificato dal comma 1 del presente articolo, si applicano inoltre: [tra gli altri n.d.r.] al recesso del committente nei rapporti di collaborazione continuata e continuativa, anche nelle modalità a progetto, di cui all'art. 409 c.p.c., n. 3);".

L'art. 409 c.p.c., n. 3), testualmente recita: "Si osservano le disposizioni del presente capo nelle controversie relative a: [tra gli altri n.d.r.] rapporti di agenzia, di rappresentanza commerciale ed altri rapporti di collaborazione che si concretino in una prestazione di opera continuativa e coordinata, prevalentemente personale anche se non a carattere subordinato; ".

È opportuno precisare alcune considerazioni di carattere generale prima di affrontare nello specifico, attraverso i canoni esegetici della norma di legge, l'ambito applicativo della disposizione di cui all'art. 32 citato.

La ratio della L. n. 183 del 2010, art. 32, è stata quella di estendere ad una serie di ipotesi ulteriori la previsione della L. n. 604 del 1966, art. 6 (previamente modificato) sull'impugnativa stragiudiziale, originariamente limitata al licenziamento (Cass. n. 13648 del 2019).

La finalità è quella di contrastare pratiche di rallentamento dei tempi del contenzioso giudiziario che finirebbero per provocare una moltiplicazione degli effetti economici in caso di eventuale sentenza favorevole e di stabilizzare le posizioni giuridiche delle parti in situazioni in cui si ha l'esigenza di conoscere, con precisione ed entro termini ragionevoli, se e quanti lavoratori possono far parte dell'organico aziendale.

Tuttavia, trattandosi di una limitazione temporale per l'esercizio dell'azione giudiziaria di non poco conto, tanto da dovere ritenere che la norma oggetto di esame abbia carattere di eccezionalità, si impone una interpretazione particolarmente rigorosa, soprattutto con riguardo alla fattispecie di chiusura prevista dall'art. 32, comma 4, lett. d) Legge citata (Cass. n. 13179 del 2017).

Tale rigorosità deve confrontarsi necessariamente con i limiti previsti dalla nostra Costituzione (artt. 2,111 e 117), dal diritto Eurounitario (art. 47 della Carta di Nizza, in considerazione della natura della controversia che riguarda il tema del rapporto di agenzia disciplinato dalla direttiva comunitaria n. 653 del 1986) e dal diritto convenzionale (art. 6 della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo), nel senso che occorre pur sempre tenere conto dei possibili profili di illegittimità con riguardo ad un ambito applicativo di tipo estensivo o analogico della norma in questione.

Sempre sotto il profilo esegetico della legge, va ribadito che l'interpretazione letterale è il primo criterio interpretativo e, solo quando questo non sia chiaro ed univoco, il significato e la connessa portata precettiva possono essere integrati con l'esame complessivo del testo e della "mens legis" (Cass. n. 5128 del 2001; Cass. n. 12081 del 2003; Cass. n. 24165 del 2018).

Ciò premesso, ritiene questa Corte che, avendo riguardo sia al dato letterale che a quello logico-sistematico, il legislatore abbia voluto escludere il rapporto di agenzia dall'ambito operativo della decadenza della L. n. 183 del 2010, ex art. 32, comma 3, lett. b).

Sotto il profilo letterale, cui sopra si è fatto riferimento, vanno evidenziati i seguenti argomenti a sostegno di tale assunto.

 In primo luogo, deve sottolinearsi che la dottrina e la giurisprudenza, relativamente all'art. 409 c.p.c., n. 3, hanno definito le fattispecie ivi previste come rapporti parasubordinati, così facendo intendere che, nella categoria generale della parasubordinazione, rientrino le varie tipologie contrattuali ivi menzionate: i rapporti di agenzia, di rappresentanza commerciale e gli altri rapporti di collaborazione che si concretino in una prestazione di opera continuativa e coordinata, prevalentemente personale, anche se non a carattere subordinato.

Tali fattispecie si pongono, quindi, rispetto alla categoria della parasubordinazione, in un rapporto di species a genus e ciò esclude, quindi, una possibilità di assimilarle terminologicamente.

Il legislatore del 2010, con l'art. 32, comma 3, lett. b) Legge citata, ha fatto riferimento esclusivo ai rapporti di collaborazione coordinata e continuativa e non anche a quelli di agenzia e di rappresentanza commerciale. Anzi, lì dove ha voluto ampliare l'ambito applicativo dell'istituto della decadenza, lo ha fatto esplicitamente prevedendo l'inciso "anche nelle modalità a progetto", in modo da ricomprendere pure tale tipologia di contratti non espressamente menzionati nell'art. 409 c.p.c., n. 3.

Il richiamo all'art. 409 c.p.c., n. 3, da parte dell'art. 32 citato, è, pertanto, da riferire unicamente ai rapporti di collaborazione coordinata e continuativa e non a tutte le fattispecie contrattuali ivi previste, come appunto il dato letterale conferma.

In secondo luogo, sempre sotto il profilo letterale, deve rilevarsi che il riferimento al termine "committente" esula tecnicamente sia dal rapporto di agenzia sia dal rapporto di rappresentanza di commercio, dove invece si ha la figura del "preponente": anche relativamente a tale profilo va escluso un uso generico dei termini adottati che riguardano soggetti giuridici connotati da poteri e facoltà specifiche e differenti e che fanno riferimento a diverse tipologie contrattuali.

Sotto l'aspetto logico-sistematico, deve, invece, darsi atto che il rapporto di agenzia, pur essendo compreso nel genus della parasubordinazione e assoggettato al rito previsto per le controversie in materia di lavoro, tuttavia è disciplinato da una serie di fonti normative (codice civile, accordi economici, legge professionale) che lo caratterizzano in modo singolare rispetto ai rapporti di collaborazione, coordinata e continuativa.

Significativa è la circostanza, per esempio, che il preponente possa utilizzare una pluralità di agenti tra loro organizzati gerarchicamente, o che questi si avvalgano di dipendenti, o addirittura che siano costituiti in forma societaria: tali peculiarità si dimostrano senza dubbio incompatibili con i rapporti di collaborazione, coordinata e continuativa, di cui all'art. 409 c.p.c., n. 3, richiamati dall'art. 32 citato, che devono essere, per espresso richiamo, di natura prevalentemente personale.

Né può ipotizzarsi una operatività dell'istituto della decadenza soltanto per particolari tipologie esecutive del rapporto di agenzia, e non per altre, ostandovi un criterio di uniformità e di certezza del diritto che deve essere sotteso ad ogni limitazione del diritto di agire nell'ambito dello stesso istituto giuridico.

Inoltre, va considerato che l'art. 1751 c.c., già prevede una peculiare ipotesi di decadenza, che regolamenta la domanda, da parte dell'agente, dell'indennità di cessazione del rapporto (un anno, salva la previsione migliorativa dell'AEC applicabile).

E' vero che si tratta di una decadenza di tipo sostanziale rispetto a quella di natura processuale prevista dalla L. n. 183 del 2010 citata, art. 32, ma la loro eventuale coesistenza creerebbe una interferenza tra le due norme che potrebbe incidere sulla esigenza del simultaneus processus e sulla necessità di un accertamento giudiziale unitario in ordine alla verifica sia della arbitrarietà del recesso che della debenza delle indennità negoziali commesse alla cessazione del rapporto (per es. preavviso, suppletiva di clientela e meritocratica) le quali potrebbero essere non dovute in caso di interruzione per giusta causa del rapporto.

In conclusione, quindi, ritiene questo Collegio, per le ragioni che precedono, che ai rapporti di agenzia non si applichi il termine di decadenza di cui alla L. n. 183 del 2010, art. 32, comma 3, lett. b).

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