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15-10-2022

Agente di Commercio e Provvigioni sugli Affari Fuori Zona

In questo articolo vedremo come devono essere regolate le provvigioni nel caso in cui la zona in cui è stato promosso l’affare sia diversa dalla zona dove l’affare è stato concluso o dalla zona dove la merce deve essere consegnata.

L’esempio è quello di un cliente che acquisti merce dalla preponente per effetto del lavoro dell’agente titolare della zona della propria sede legale per poi consegnarla alle proprie filiali, sparse in zone diverse.

In casi di questo tipo sorge frequentemente un conflitto sull’attribuzione e/o ripartizione della provvigione tra agente che ha promosso l’affare e l’agente del luogo di consegna della merce: in particolare perché quest’ultimo sostiene che il mancato pagamento della provvigione sulla quantità di merce consegnata nella sua zona andrebbe a violare il suo diritto di esclusiva.

È pertanto opportuno che i preponenti provvedono a disciplinare contrattualmente casi di questo tipo, indicando il o i criteri di attribuzione o di ripartizione delle provvigioni: è sufficiente che la disciplina contrattuale sia così accettata per iscritto da tutte le parti, preponente ed agenti sparsi sul territorio, per superare qualsiasi problema sulla questione.  

In ogni caso è bene precisare come la contrattazione collettiva abbia disciplinato questa fattispecie: sia l’AEC Industria (art. 6, comma 10) che l’AEC Commercio (art. 4, comma 14) hanno infatti precisato come: “in caso di divergenza tra luogo di conclusione e luogo di esecuzione dell’affare, la provvigione debba attribuirsi all’agente che abbia effettivamente promosso l’affare, salvo il diverso accordo tra le parti per un’equa ripartizione della provvigione tra l’agente che abbia procurato l’affare e l’agente operante nella zona in cui l’affare sia stato eseguito”.

Quando il contratto individuale di agenzia faccia rimando all’AEC, in assenza di espressi patti contrari, è la stessa disciplina collettiva a individuare come titolare del diritto alla provvigione esclusivamente l’agente che ha promosso l’affare e non anche l’agente della zona in cui la merce è stata consegnata.

Le ragioni alla base di tale previsione contrattuale sono illustrate di seguito e consentono di affermare che la medesima regola debba valere anche a disciplinare la situazione in caso di mancanza: a) di un accordo scritto tra le parti sull’attribuzione/ripartizione della provvigione; e b) di un rimando contrattuale all’AEC di riferimento.

Chiariamo subito che la provvigione spetta solo ed esclusivamente all’agente che ha promosso l’affare, e questo per almeno due motivi.

1) il primo motivo rimanda alla questione sulla nascita del diritto alla provvigione: da una disamina dell’art. 1742 e 1748 cod. civ. emerge come il diritto alla provvigione nasca con la promozione dell’affare, fatto questo che non si identifica necessariamente con la conclusione dell’affare e tantomeno con la sua esecuzione, ad esempio, la consegna della merce.

Infatti il diritto alla provvigione nasce a favore dell’agente nel momento e nel luogo in cui lo stesso ha promosso “positivamente” un ordine.

È ovvio che l’ordine dovrà poi essere accettato dalla casa mandante (e quindi l’affare si intenderà concluso), ed essere poi eseguito dalla stessa casa mandante, ma si tratta di momenti, questi ultimi, che non incidono funzionalmente sulla nascita del diritto alla provvigione a favore dell’agente.

Se quindi il diritto alla provvigione sorge esclusivamente a favore dell’agente della zona che ha promosso l’affare, ne consegue che nulla potrà spettare agli agenti di altre zone, tra cui quelli titolari di zone corrispondenti ai luoghi dove vengono consegnate le merci, proprio in quanto questi ultimi nulla hanno promosso, cioè la loro attività è rimasta estranea alla catena causale che ha portato alla conclusione dell’affare.

2) il secondo motivo rimanda, nel caso in specie, alla mancata violazione del diritto di esclusiva degli agenti titolari di zone dove la merce dovrà essere consegnata.

Il diritto di esclusiva, ove sia pattuito, garantisce infatti l’agente solo dalla promozione di affari nella sua zona ad opera di altri agenti o anche del preponente ma non anche dal fatto che merci possano essere consegnate nella sua zona, se gli affari di cui la consegna costituisce esecuzione sono stati promossi in zone diverse.

Anche la giurisprudenza di legittimità è da tempo univocamente orientata in tal senso: al riguardo sia CC 401-1980 che la successiva CC 19716-2016 hanno precisato come “ai fini del diritto alla provvigione spettante all’agente non rileva il luogo in cui il contratto sia stato formalmente concluso o eseguito, bensì quello in cui il contratto sia stato promosso o avrebbe potuto essere promosso per essere ivi la sede della cliente, a meno che il preponente non dimostri l’inesistenza in concreto per l’agente della possibilità di promuovere la conclusioni di contratti con il cliente avente la sua sede nella zona assegnata in esclusiva all’agente, per essersi il cliente spogliato della possibilità di tale conclusione per averla delegata, a causa di reali e sostanziali ragioni organizzative, a persone preposte alle articolazioni territoriali esistenti fuori zona, avvenendo nella sede dell’impresa o del cliente la mera registrazione dei contratti, altrove promossi”.

La giurisprudenza italiana appare univoca nelle sue decisioni sul punto.

In conclusione si segnala poi la posizione della giurisprudenza comunitaria.

La Corte di Giustizia dell’Unione Europea si è infatti occupata, in tempi ancora risalenti, della fattispecie in cui una persona giuridica svolga la sua attività in luoghi diversi. Nel caso specifico la società aveva in luoghi diversi la sede legale, la sede commerciale, gli impianti e gli stabilimenti. Ciò al fine di determinare quando tale cliente, ai fini della tutela dell’esclusiva dell’agente, possa dirsi appartenere alla zona a questi assegnata in esclusiva, al fine di determinare se l’agente abbia o meno diritto alle provvigioni per gli affari conclusi nella zona dal preponente senza il suo intervento.

La Corte di Giustizia con la sentenza del 12 dicembre 1996 (causa C-104/95), nell’applicare la direttiva comunitaria 86/653/CEE sub art. 7 n. 2, ha precisato come tale direttiva “non indica i criteri da prendere in considerazione allorché il cliente è una persona giuridica la cui sede legale non si trova nello stesso luogo in cui si svolge la sua attività commerciale”.

Secondo la decisione della Corte di Giustizia occorrerebbe, in via interpretativa della direttiva comunitaria, fare riferimento come criterio principale al “luogo delle effettive attività commerciali della società”: nel caso poi di operatività della società in luoghi diversi, occorrerebbe poi determinare “il centro di gravità dell’operazione effettuata” valorizzando elementi quali il luogo in cui le trattative si sono svolte o avrebbero potuto svolgersi di regola, il luogo in cui la merce è stata consegnata, nonché il luogo in cui si trova lo stabilimento che ha effettuato l’ordine.

Come se vede la Corte di Giustizia ha adottato un criterio elastico, che non comporta l’indicazione di un indice univoco e certo, ma che privilegia un giudizio da attuare caso per caso.

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